Corto Maltese
La casa dorata di Samarcanda
Corto Maltese: "La casa dorata di Samarcanda"
Testo e disegni: Hugo Pratt
Versione a colori: Patrizia Zanotti (1992)
Tavole 1-22: sulle riviste Linus e (A suivre) 1980 -1981
Tavole 23-139: sulla rivista "Corto Maltese" 1983-1985
1992: serie di acquerelli per la versione a colori
(M) 1980-1981: "La maison doreé de Samarkand" (tavole 1-22). Francia, rivista "(A Suivre)", Casterman, n.31-32 (1980/08, numero doppio) - n.37 (1981/01); versione bianco e nero
(M) 1980-1981: "La casa dorata di Samarcanda" (tavole 1-22). Italia, rivista "Linus", Edizioni Milano Libri, n.9 (1980/09) - n.1 (1981/01); versione bianco e nero
(M) 1983-1985: "La casa dorata di Samarcanda" (tavole 23-139). Italia: rivista "Corto Maltese", Edizioni Rizzoli Milano Libri, n.1 (1983/10) - n.19 (1985/04); versione bianco e nero
(R) 1985-1986: "La maison doreé de Samarkand". Francia, rivista "Corto", Casterman, n.0 (1985/02), n.1 (1985/05) - n.10 (1986/07); versione bianco e nero
Nel 1992 serie di acquerelli realizzata per la colorazione, a cura di Patrizia Zanotti, de "La casa dorata di Samarcanda".
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Turan Enver Bey
Hugo Pratt
Corto Maltese incontrò il generale turco Enver Pascha a Douchemba, Turkestan Russo, poco prima della sua morte. Il generale morì caricando solo, con il suo cavallo Derviche, i soldati del battaglione armeno bolscevico.Enver Bey fu: il capo del movimento dei Giovani Turchi che obbligò il sultano Abdul-Hamid II a rimettere in vigore la costituzione del 1876; "attachè militaire" a Berlino nel 1909; comandante delle truppe Arabo-Turche durante la guerra di Libia nel 1911-12 e nella seconda guerra balcanica-turca; Ministro della guerra nel 1914 massacrò gli Armeni nel Caucaso, fuggì da Costantinopoli nel1918 per poi essere presente a Baku, in Russia, al congresso internazionale comunista del 1920 e concludere, finalmente, la sua carriera di soldato nazionalista nel 1922 come è già stato detto.
Ascoltai il nome di Enver Bey per la prima volta nel 1942 e avevo allora 15 anni. Ricordo che stavo guardando le bellissime gambe di Rosseana Mardekian, armena e fino a quel giorno mia compagna di prigionia al campo avio di Dire Dawa in Abissinia. Stava per partire con il treno che da Addis Abeba andava fino a Djibouti porto della ex costa della Somalia Francese. Appoggiata ad uno dei finestrini del vagone n.4 la morbida sottana evidenziava le splendide natiche. Guardava fuori con insistenza, ma sapevo che piangeva.
"E stato al quarto round che Keller mi ha centrato..." Era Arsene, il fratello pugilatore di Rosseana, che parlava.
Due o tre sere prima si era scontrato in un match di box con un turco dal nome tedesco: Keller, un bel medio. ne aveva prese così tante, Markedian, che la metà gli bastava. Si era battuto con disperazione sostenuto dall'odio che gli Armeni nutrono per i Turchi, ma non bastò, Keller vinse. Anzi, stravinse.
"Dicono sia nipote di quel figlio di puttana di Enver Bey" - disse qualcuno di coloro che ascoltava il pugilatore.
"Si, lo so e per questo la sconfitta mi duole ancora di più... ma Keller è forte davvero!" - concluse Arsene Markedian. Poi salutò la famiglia che partiva. Avevano ricevuto il permesso per andare in Sud Africa.
Il treno fischiò ed io scesi insieme ad Arsene. Rimanemmo a lungo sotto il sole a guardare quel treno che se ne andava portandosi via la mia amica. Rosseana Markedian. La rividi più tardi a Londra nel 1948, e a New York prima della sua morte in un incidente automobilistico nel 1960.
Più tardi ebbi l'occasione di ascoltare ancora il nome di Enver Bey. Fu a Parigi nel 1979, quando un mio amico lo scrittore Jean Mabire mi disse che stava raccogliendo materiale bibliografico per scriverci su una biografia. L'ultima volta fu a Buenos Aires nel 1986 durante un'intervista che Carlos Luis Hassassian del giornale "Armenia", mi stava facendo per l'edizione argentina di questo racconto. Venni a sapere una versione in più sulla morte di Enver Bey.
Il comandante Hagop Melkumian che dirigeva l'azione del battaglione armeno che combattè i ribelli Basmaches, descrisse come fu la vera fine del Pascha turco ai giornalisti della rivista "Sovedagan Haiastan":
"...Enver visse dieci anni più di Djemal. Noi giustiziammo Enver il 4 agosto 1922, all'alba, nel villaggio di Chaglan. Enver era completamente diverso dagli altri capi dei basmacì, perchè aveva ricevuto un'educazione militare in Germania e aveva partecipato alla guerra imperialista. Il rapporto di forze, che era a suo vanteggio in maniera schiacciante, lo avrebbe reso un nemico pericoloso. Aveva un corpo scelto di 17.000 cavalleggeri, e uio soltanto 1500, oltre a 800 fanti. Allo scopo di disperdere le forze nemiche, decisi di attaccare prima dell'orazione mattutina dei musulmani, disponendo i miei soldati tutt'intorno. Soffiava il vento delle montagne e le brezze si incanalavano nelle valli. Nascosti dalla bruma del mattino, non fummo scorti dal nemico. Quando il sole spuntò dietro i monti e la nebbiolina si dissolse, osservai col mio binocolo il villaggio di Cofrùn. Sopra una fattoria vidi sventolare la bandiera verde con la mezzaluna gialla e alconi nastri rossi legati all'asta. Questo significava che Enver si trovava lì con la sua guardia del corpo.
"Ordinai che l'artiglieria aprisse il fuoco. I miei cavalleggeri sguainarono le sciabole e caricarono il nemico. Non riuscirono a fronteggiare il nostro attacco. Enver era ancora a letto quando le nostre lame balenarono dietro i vetri delle sue finestre. Senza indossare l'uniforme, scalzo, balzò a cavallo e fuggì verso i monti. Mi dissi: "Iena, non mi sfuggirai. Sulla tua nera coscienza cadrà l'implacabile giustizia per il genocidio del mio popolo.""Lo inseguimmo per venticinque miglia, finchè riuscimmo ad accerchiarlo nel villaggio di Chagan. In un sanguinoso corpo a corpo eliminammo le sue guardie e infine Enver, "comandante in capo di tutte le truppe musulmane, genero del Califfo e rappresentante del Profeta".
"Questo titolo era scritto sul suo sigillo personale, che cadde nelle mie mani. Il suo Corano e altri oggetti furono dati alle forze locali": Tutto ciò si adatta perfettamente a quanto già detto. Secondo Melkumiàn, Enver Bey fuggì. I turchi pretendono che sia andato romanticamente alla morte, cavalcando, contro i soldati armeni.
Si disse anche che nevicasse quel giorno, cosa difficile nel caldo agosto dell'Asia Centrale. Ne "La Casa Dorata di Samarcanda" si parla anche delle divisioni fra i Turchi e del conflitto fra Kemal ed Enver, e del tentativo inglese di creare uno stato cuscinetto tra le frontiere della Russia e dell'India: il tanto sognato Turan del rappresentante del Profeta, il malinconico generale Enver Bey.
Fonte: Hugo Pratt, prefazione al volume "La casa dorata di Samarcanda", Rizzoli Milano Libri, giugno 1987.